Calciatori tasse: contributo di solidarietà nel contratto collettivo
In seguito all’acquisizione dei titoli di Stato italiani da parte della Bce – Banca Centrale Europea, il Governo Berlusconi è stato costretto ad avviare una serie di misure economiche straordinarie e d’emergenza, per far sì che nel 2013 i conti dello Stato non siano più in deficit. Situazione difficilissima visto che il nostro Paese è tra i primi debiti pubblici al mondo. Tra queste misure c’è il famoso contributo di solidarietà che consiste nel prelievo di una quota che oscilla tra il 5% e il 10% dei redditi superiori ai 90.000 e ai 150.000 euro.
Da diverse parti sociali sono arrivate opinioni contrastanti in merito a questa tassa, forse la più scomoda dell’intera pressione fiscale che il Governo eserciterà sui cittadini da qui ai prossimi 2 anni. Una categoria che è sembrata essere piuttosto infastidita dal contributo di solidarietà è quella dei calciatori. In Italia i calciatori stipulano contratti di lavoro in netto, lasciando che l’intero carico di tasse sia incollato dai club di calcio; e già questa di per sé fa dei calciatori una classe “privilegiata”. La tassa del contributo di solidarietà però ricadrebbe sui calciatori, e questo a meno che il Governo non decida di farla gravare sull’Irpef. L’Assocalciatori da settimane era già sul piede di guerra, minacciando uno sciopero alla prima giornata di campionato, questo per rivendicare alcune clausole sui contratti di lavoro.
Il “capriccio” di non voler pagare il contributo di solidarietà non è stato ben visto dai politici: per il Ministro Calderoli ad esempio è vergognoso che l’unica categoria di professionisti che non paga le tasse, si lamenti di una proposta a termine come quella del contributo di solidarietà. C’è stato anche un pacato appello del commissario tecnico della Nazionale Cesare Prandelli, che ha invitato i giocatori a non alzare la voce a fronte di una tassa che pagano tutti i “privilegiati”. Molto probabilmente tutto si risolverà inserendo il contributo di solidarietà all’interno del contratto collettivo. Parola, quest’ultima, di Adriano Galliani.