G 20: misure più dure e lista dei “too big to fail”
Si è concluso oggi l’importante summit mondiale del G 20, che ha riunito attorno ad un tavolo i leader dei venti paesi più industrializzati. Le decisioni prese presentano risvolti anche sul settore bancario internazionale. Vediamoli rapidamente.
Innanzitutto la linea promossa si ispira ad una maggior durezza, soprattutto per i requisiti sui capitali e la liquidità. Il recente accordo di Basilea 3 si è mosso nella direzione giusta ed è stato così approvato.
La decisone più importante è però stata quella di affidare al Financial Stability Board, presieduto dal governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, la composizione della lista di istituti bancari “troppo grandi per fallire”.
I “too big to fail” sono proprio quelle banche da assistere a tutti i costi in un ipotetico scenario di dissesto, in quanto il loro fallimento provocherebbe gravi ripercussione sul sistema finanziario globale. In questa lista troviamo due italiane: UniCredit e Intesa Sanpaolo. Si continua con le Statunitensi (Bank of America – Merill Lynch, Citigroup, Goldman Sachs, JPMorgan Chase, Morgan Stanley) e le britanniche (Barclays, HSBC, Royal, Standard Chartered, Bank of Scotland), poi naturalmente il colosso tedesco Deutsche Bank, la canadese Rbc e due francesi (Bnp Paribas, Société Générale), le iberiche più blasonate (Santander e Bbva) e due svizzere (Credit Suisse, Ubs).
Al vaglio, per ora, possibili inclusioni nella lista di istituti estranei al mondo bancario, come ad esempio le assicuratrici.