Ribelli in Libia: prestiti e finanziamenti alle banche per far ripartire il Paese
Circa una settimana è passata da quando i ribelli hanno preso in mano il territorio di Tripoli, in Libia, per scovare e fare fuori Muammar Gheddafi. Al momento in cui scrivo, quello che, stando ai giornali, è il bunker dell’ex leader libico, è letteralmente circondato all’esterno da una task force armata di ribelli.
Al di là delle cronache, che sicuramente avremo modo di ripercorrere meglio nei prossimi giorni, è interessante notare come sono cambiate le voci dei protagonisti. Praticamente tutte le parti politiche da ogni parte del mondo stanno parlando di rinascita della Libia, di una sorta di “ormai è fatta” che guarda avanti. Il Ministro degli Esteri Frattini ad esempio è intervenuto per svelare alcuni retroscena interessanti sui piani che Gheddafi aveva in mente di portare a compimento (“abbiamo messaggi terribili, sono i messaggi del governo libico che davano ordini di mascherare cadaveri militari con abiti civili per accusare la Nato. E poi abbiamo le prove degli ordini dati per trasformare Lampedusa in un inferno” ha affermato il Ministro); altri leader europei stanno organizzando summit per sostenere la Libia una volta che il regime sarà “ufficialmente caduto”.
In questo post, vorrei condividere con voi l’intervento dell’ex governatore della Banca Centrale Libica Farhat Bengdara, anch’egli proiettato sul futuro del Paese come i politici del mondo: “Abbiamo bisogno di finanziamenti ponte per 5-7 miliardi di dollari, va precisato comunque che la Libia non ha bisogno di donatori, perché è un Paese ricco. Le attività dello Stato tra fondo sovrano Lybia Investment Authority, Banca centrale e riserve d’oro valgono 168 miliardi di dollari”. C’è bisogno, secondo Bengdara, di finanziamenti e prestiti bancari garantiti da tutti i Governi amici, tra questi anche l’Italia, che sembra ormai essersi scollata di dosso la macchia del passato con alcuni affari conclusi proprio con Muammar Gheddafi.